eccola qua:
Non suonano con la viella. Non cantano le loro liriche in lingua d'oc. Sono cavalieri elettrici, invece, che affidano i loro proclami a una Fender o a un Shakuhachi (un flauto diritto giapponese), a un contrabbasso o a una batteria preparata. Tutto qui? Non proprio. Perché il loro secondo lavoro, Sacred Ground, porta con sé un messaggio ben preciso.
È come uno scrigno che svela i segreti ad ogni ascolto. L'iniziale "Calli" ha un sapore ancestrale: è come se osservassimo con nostalgia e disperazione dallo spazio quel che rimane del nostro pianeta terra. Turra con la sua chitarra elettrica introduce un tema arpeggiato, prima di spaziare nell'effettistica dagli aromi lunari e prima ancora di spingersi in crescendo distorti. Le percussioni di Alberto Pederneschi e il contrabbasso di Tedesco sorreggono le escursioni come se volessero respingere la forza di gravità.
È uno scenario suggestivo che prosegue con gli echi jazz rock di "Cuore di bue," quelli più arcigni e free di "Balcano," a metà strada tra il tempo sospeso della cortesia medievali e le spinte moderniste dell'elettricità. Il jazz pieno di brio e ambrato di folk di "Hijacking" e quello riflessivo di "Col di lana".
Vale davvero la pena di ascoltare questi "trovatori elettrici". Vi sveleranno i segreti di un mondo di suoni che sembrava perso nel tempo."
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